Mentre si continua a valutare le più diverse strategie di immunoterapia per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), un nuovo studio, appena pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM), riprende ad esplorare l’uso dell’immunoterapia in ambito peri-operatorio. Chi ci segue ricorderà la recentissima “pillola” dedicata al pembrolizumab (Keytruda®), utilizzato in associazione alla chemio, sia prima che dopo l’intervento chirurgico. Allora concludevamo che, dato l’evidente beneficio clinico, l’immunoterapia peri-operatoria potrebbe divenire un nuovo standard di cura.
Questo nuovo studio randomizzato conferma la validità dell’approccio terapeutico in questione, utilizzando un’altro inibitore del check-point immunitario: il nivolumab.
Anche questo lavoro dimostra che, in pazienti con NSCLC operabile in stadio localmente avanzato (stadio IIIA e IIIB), l’uso di nivolumab, prima e dopo l’intervento chirurgico di resezione per un cancro al polmone, è in grado di migliorare quasi tutti gli end-points considerati (tasso di risposta patologica completa, sopravvivenza libera da progressione di malattia e la sopravvivenza globale a 2 anni). Unica eccezione la tossicità che, prevedibilmente, é aumentata nel gruppo sperimentale.
Segue la traduzione in italiano dell’abstract originale dello studio e il nostro commento.
RIASSUNTO:
PREMESSA
Circa il 20% dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) riceve una diagnosi di malattia in stadio III. Non vi è attualmente consenso riguardo al trattamento più appropriato per questi pazienti.
METODI
In questo studio di fase 2 in aperto, abbiamo assegnato in modo casuale i pazienti con NSCLC resecabile in stadio IIIA o IIIB a ricevere nivolumab neoadiuvante più chemioterapia a base di platino (gruppo sperimentale) o sola chemioterapia (gruppo di controllo), seguita da intervento chirurgico. I pazienti nel gruppo sperimentale che hanno avuto resezioni radicali del tumore hanno ricevuto un trattamento adiuvante con nivolumab per 6 mesi. L’endpoint primario era la risposta patologica completa (0% di tumore vitale nel polmone e nei linfonodi resecati). Gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale a 24 mesi e la sicurezza.
RISULTATI
Un totale di 86 pazienti è stato randomizzato: 57 sono stati assegnati al gruppo sperimentale e 29 sono stati assegnati al gruppo di controllo. Una risposta patologica completa si è verificata nel 37% dei pazienti nel gruppo sperimentale e nel 7% nel gruppo di controllo (rischio relativo, 5,34; intervallo di confidenza al 95% [CI], da 1,34 a 21,23; P=0,02). La chirurgia è stata eseguita nel 93% dei pazienti nel gruppo sperimentale e nel 69% nel gruppo di controllo (rischio relativo, 1,35; IC 95%, da 1,05 a 1,74). Le stime Kaplan-Meier di sopravvivenza libera da progressione a 24 mesi erano del 67,2% nel gruppo sperimentale e del 40,9% nel gruppo di controllo (rapporto di rischio per progressione della malattia, recidiva della malattia o morte, 0,47; 95% CI, da 0,25 a 0,88). Le stime di Kaplan-Meier della sopravvivenza globale a 24 mesi erano dell’85,0% nel gruppo sperimentale e del 63,6% nel gruppo di controllo (rapporto di rischio per la morte, 0,43; 95% CI, da 0,19 a 0,98). Eventi avversi di grado 3 o 4 si sono verificati in 11 pazienti nel gruppo sperimentale (19%; alcuni pazienti hanno avuto eventi di entrambi i gradi) e in 3 pazienti nel gruppo di controllo (10%).
CONCLUSIONI
Nei pazienti con NSCLC resecabile in stadio IIIA o IIIB, il trattamento peri-operatorio con nivolumab più chemioterapia ha determinato una percentuale più elevata di pazienti con una risposta patologica completa e una sopravvivenza più lunga rispetto alla sola chemioterapia.
(Finanziato da Bristol Myers Squibb e altri; numero dello studio su ClinicalTrials.gov, NCT03838159.)
NOSTRO COMMENTO:
Anche qui si tratta di fantastiche news che ancora una volta mostrano la versatilità dell’immunoterapia e la sua superiorità rispetto alla sola chemioterapia standard.
Dopo 24 mesi di osservazione, i risultati di questo studio hanno dimostrato l’efficacia dell’immunoterapico nivolumab, dato pre e post intervento, a costo di una maggiore tossicità.
C’è da dire che i risultati di questo studio rafforzano l’evidenza fornita dal grande studio internazionale di fase III, il KEYNOTE-671 di cui abbiamo ampiamente parlato nella “pillola” già citata, ma che da soli non avrebbero mai potuto costituire una evidenza scientifica tale da cambiare la prassi medica (chemioterapia neoadiuvante + immunoterapia invece che sola chemioterapia). Questo perché il presente studio è randomizzato ma é ancora uno studio di fase II, non è in doppio cieco e, soprattutto, è numericamente assai modesto (86 pazienti randomizzati contro i 797 del KEYNOTE-671). Fortunatamente per i ricercatori spagnoli autori dello studio, e per tutti noi, i loro risultati sono identici a quelli del grande studio precedentemente citato. Così, essi rafforzano, invece che confondere, chi deve interpretarli ed agire di conseguenza.
Anche qui, i risultati sono ancora “giovani” e bisognerà confermare la superiorità dell’immunoterapia anche dal punto di vista dell’efficacia a lungo termine.
Nel complesso, il presente studio, alla luce dei risultati del fratello maggiore, aiuta ad aprire un punto di svolta nella lotta contro il cancro al polmone.