“Sul lavoro proteggersi sempre”
L’anno era il 2001. All’inizio fu una tosse forte, molto forte, una cosa davvero fastidiosa. Siccome di lavoro facevo il muratore, diedi la colpa al freddo, al classico colpo d’aria. Le settimane e i mesi passavano, la tosse invece no. Inoltre, avvertivo una stanchezza perenne, che non se ne andava nemmeno col riposo. Su consiglio del dottore che sostituiva temporaneamente il nostro medico di famiglia, feci una radiografia che evidenziò una macchia nera nel polmone destro. Mi dissero di stare tranquillo, che non era nulla di preoccupante. Io però continuavo a tossire, e mi mancava il fiato. Sul lavoro non riuscivo più a ripartire, a rimanere concentrato. Ero confuso, indeciso. Sempre il medico sostituto mi chiese in visione le lastre. Gliele portai e lui, dopo averle analizzate, facendomi capire che non c’era altro tempo da perdere, mi indirizzò all’ospedale Carle per una visita specialistica. Lì appresi la più terribile delle verità: tumore del polmone. Ero finito anch’io tra le fauci di quello che, con ragione, sento chiamare il Big Killer.
Devo ammettere che la presi male. Ma il mio carattere gioviale, e il sostegno e le premure dei famigliari, mi hanno evitato di chiudermi in me stesso, di vedere tutto nero. Insomma, di cadere in depressione. Secondo me, lamentarsi non serve a nulla. Anzi, non fa che peggiorare la situazione. Bisogna reagire. Per prima cosa, quasi di colpo smisi di fumare: ero arrivato a 30 sigarette e passa al giorno! Certo, se pensavo alle tante persone trovatesi nelle mia identica situazione e che poi non ce l’hanno fatta, mi venivano i brividi..
Nel periodo della chemioterapia, dal 18 marzo al 31 luglio 2002, mi recavo a Caraglio per fare ginnastica, e il fisioterapista era convinto che invece ce l’avrei fatta. Oltre che professionale, il suo fu quindi un aiuto psicologico, e posso assicurare che è altrettanto importante. Mi sottoponevo a queste sedute di ginnastica anche perché eccessivamente sovrappeso: ormai la freccia della bilancia si fermava sulle tre cifre. Se si considera che non sono alto di statura, si può ben immaginare quali fossero il mio aspetto e la mia condizione fisica. A causa dell’obesità, nel ’96 ero stato ricoverato per un sospetto problema al cuore, ma fortunatamente si era trattato di un falso allarme. Mi ero allora messo a dieta, un proposito che però abbandonai presto.
Quando mi diagnosticarono il tumore del polmone, presi anche un’altra decisione, molto più sofferta: smettere di lavorare. Per me il lavoro era sempre stato tutto: lavoravo almeno dieci ore al giorno, e nei ritagli di tempo facevo andare quel po’ di terra di famiglia. Non sono mai andato in ferie, al massimo la tipica gita di un giorno dalle nostre parti. Nemmeno sono mai salito sulla Besimauda, meglio conosciuta come la Bisalta, la montagna che domina Boves, dove sono nato e ho sempre vissuto. Mi rendevo conto che non sarei più stato quello di una volta: non resistevo sotto sforzo, ogni quattro passi mi dovevo fermare, soprattutto per i seri problemi di respirazione, che da allora risolvo con l’ossigeno terapia. Ho imparato presto a conviverci, non mi è assolutamente di impaccio. Vista la mia situazione, guai se non ci fosse. La nota positiva è che reagivo bene alla chemioterapia, salvo qualche piccola e sporadica infiammazione in bocca.
Venni operato il 16 settembre 2002: una bilobectomia inferiore destra, questo il tipo di intervento. Da allora periodicamente mi presento all’ambulatorio di pneumoncologia dell’ospedale Carle per i consueti controlli, e grazie al cielo non mi è più stato riscontrato nulla di anomalo o irregolare.
Come quando ero in cura, seguo per filo e per segno le disposizioni dei medici. Su di un punto trasgredisco. Per via dei chili di troppo, loro, i dottori, puntualmente e vivamente mi consigliano una passeggiata giornaliera da casa mia fino in paese, magari col cane. Ma a me di passeggiare in centro proprio non va, mi mette a disagio. La gente penserebbe che sono un fannullone! No, no, preferisco camminare nei boschi, in cerca di qualche fungo. Certo, tenendomi sui sentieri battuti e poco ripidi, che non si sa mai. Oggi riempio le mie giornate allevando i conigli e le galline, facendo dei lavori in casa, guardando la tv e stando in compagnia del mio adorato nipotino.
Anche se ho fatto appena le scuole elementari e non leggo libri, so che ogni storia racchiude un insegnamento. Quello della mia è il seguente: il fumo ci rovina (e mi rivolgo soprattutto a voi giovani). Per certi lavori a contatto con la polvere, poi, bisogna indossare sempre le adeguate protezioni: io, da muratore, non ho mai messo una maschera. Credo proprio che questa superficialità, e la sigaretta, siano state la causa dei miei gravi problemi di salute, ormai, se Dio vuole, alle spalle.
Il commento del dott. Buccheri
Non era tanto iniziale il tumore del Sig. Barale, quando avemmo, infine, la possibilità di prenderlo in cura. Da sette mesi, almeno, vi era la possibilità di sospettare la diagnosi, eppure il Sig. Barale dovette attendere che il proprio medico fosse sostituito… per avere la sua diagnosi. Quando valutammo la situazione ci trovavamo con un carcinoma squamoso che aveva già dato il collasso del lobo inferiore destro e ripetute infezioni batteriche opportuniste. Vi erano inoltre multipli ingrandimenti dei linfonodi del mediastino, fino a 2.5 cm di diametro massimo, presenti anche in stazioni controlaterali al tumore, e un sospetto nodulo satellite. In breve, il tumore era classificato come T4N3M0. In più, vi era una severa insufficienza respiratoria. Con nessuna speranza per la guarigione, ma semplicemente per aiutare il paziente controllando il più possibile lo sviluppo della sua malattia, iniziammo la chemioterapia. Il Sig. Barale rispose egregiamente alla chemioterapia, tanto che decidemmo di riconsiderare l’intervento. Per prima cosa, fu eseguita una mediastinoscopia (un esame in anestesia generale che consiste nell’introduzione nel giugulo di un strumento che assomiglia a un clarinetto e che permette di vedere i linfonodi presenti nel mediastino e fare biopsie mirate). La mediastinoscopia confermò che non c’erano più metastasi ai linfonodi del mediastino (ci preoccupavano soprattutto quelli controlaterali al tumore) e aprì la strada all’intervento di asportazione del lobo ammalato con all’interno il suo (ormai) piccolo tumore: 2.4 cm (pT1N0). L’intervento riuscì benissimo, anche considerando l’insufficienza respiratoria associata.