La immunoterapia oncologica è oggi l’arma che dà i migliori risultati nella lotta al cancro. La Global Lung Cancer Coalition (GLCC) illustra in ben19 lingue i concetti di base che han portato al suo sviluppo…
Eccone la versione italiana.
L’immunoterapia è stata sperimentata per diversi decenni nella cura del cancro del polmone.
La prima forma di immunoterapia, risalente agli anni ’70 e ’80, fu quella che utilizzava la vaccinazione antitubercolare mediante bacillo di “Calmette e Guerin” (un bacillo tubercolare reso poco virulento, ma con conservata antigenicità). L’idea era quella di stimolare i linfociti T ad attaccare le cellule tumorali, “allenandoli” a combattere l’agente della tubercolosi. Le premesse non erano del tutto corrette (perché dei linfociti killer molto attivi contro il bacillo della tubercolosi non necessariamente lo sarebbero stati verso tutti gli altri patogeni), ed infatti le sperimentazioni successive vanificarono ogni speranza inizialmente riposta in quel tipo di immunoterapia aspecifica.
Un secondo step, negli ultimi 20 anni, fu quello di cercare degli antigeni lipidici o lipoproteici espressi sulla membrana delle cellule neoplastiche, isolarli e somministrali come vaccini: le cellule T vaccinandosi contro quegli antigeni avrebbero attaccato anche le cellule neoplastiche che li esprimevano in quantità. In questo caso le premesse erano tutte a favore, ma l’efficacia andava comunque accertata. Venne così il tempo dei vari e numerosissimi vaccini, che furono sottoposti ad imponenti sperimentazioni umane, nell’attesa quasi certa di entusiasmanti risultati positivi. Per citare solo due nomi, ricordiamo lo Stimuvax e il MAGE-A3, che, invece, hanno recentemente costretto le case farmaceutiche produttrici ad ammettere la sconfitta e ad abbandonarli per sempre (oltre che a perdere definitivamente i loro investimenti milionari).
Il terzo momento di questa saga… immunoterapica è assai più recente, e risale a poco più di 5 anni fa. Le premesse furono la scoperta di una proteina, chiamata della morte cellulare programmata (in inglese “programmed death”, abbreviato: PD), che innesca il processo programmato di distruzione cellulare. La prima di questa famiglia di proteine, la PD1, si trova soprattutto sulla superficie dei linfociti T e la sua attivazione ha come effetto principale la distruzione dei linfociti attivati contro antigeni specifici. In pratica, l’attivazione della proteina PD1 inibisce la risposta immunitaria cellulomediata. L’altra premessa fu la scoperta che le cellule tumorali erano in grado di attivare la PD1, attraverso l’azione di una particolare “serratura” presente sulla loro superficie, nota come “ligando” del PD1, il PD-L1. Furono così sviluppati degli anticorpi monoclonali capaci di distruggere il PD1 o il PD-L1 che sta volta si rivelarono molto efficaci anche a livello sperimentale. Noi di ALCASE parliamo continuamente di questi nuovi farmaci, che non costituiscono più una speranza per il futuro, ma una realtà finalmente positiva (si vedano, ad esempio, gli articoli contenuti in queste liste: https://www.alcase.eu/?s=pd1 e http://www.alcase.it/?s=pd1).
Oggi, però, vogliamo presentarvi il recente documento elaborato dalla GLCC, di cui ALCASE è membro fondatore, che riassume i principali concetti che stanno alla base dell’immunoterapia oncologica.
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